L’ebreo
Melodramma tragico di un prologo e tre atti
Libretto di Antonio Boni
Musica di Giuseppe Apolloni
Prima esecuzione: 25 gennaio 1855, Venezia, Teatro La Fenice
Personaggi
Ebrei | |
ISSÀCHAR ultimo della tribù di tal nome | baritono |
LEILA sua figlia | soprano |
Mori | |
BOABDIL -el-Chic re di Granata | tenore |
ADÈL-MUZA principe comandante in capo alle file moresche | tenore |
Spagnuoli | |
FERDINANDO re di Aragona | basso |
ISABELLA regina di Castiglia | soprano |
GRAN GIUDICE del tribunale supremo | tenore |
La real corte di Spagna, Giudici, Arcieri del supremo tribunale, Eremiti, Matrone velate, Guerrieri. Mori, Odalische, Schiavi. Ebrei, Famigliari di Issàchar.
Scena, l’Andalusia. Epoca, il declinare del secolo XV.
Libretto – L’ebreo
Argomento
Quando Ferdinando d’Aragona e Isabella di Castiglia strinsero assedio intorno a Granata, ultimo baluardo dei mori nelle spagne, un ebreo, di nome Issàchar, uomo stimato per mago e profeta in quella città, promise ai cristiani di agevolarne la resa, purché garantissero a lui ed a’ suoi israeliti franchigie ed onori. Issàchar tenne il patto, e veniva nel campo spagnuolo conducendo seco, ed in ostaggio della sua fede, la figlia Leila; allora che il re, vergognando delle fatte promesse, lo abbandonò in potere dell’inquisizione. Con arte meravigliosa seppe Issàchar fuggire a quella tremenda giustizia, ma la figlia di lui restava presso gli spagnuoli. La presa dell’Alhambra, gli amori di Leila con Adèl-Muza, il più valoroso de’ cavalieri maomettani, la conversione religiosa di lei, il ritorno d’Issàchar, che sacrifica la figlia all’onore e alla credenza de’ suoi padri, forman l’intreccio del dramma, il cui soggetto fu preso da un romanzo del signor Bulwer intitolato: Leila o l’Assedio di Granata.
Prologo
Scena prima
Granata. – appartamenti reali nell’Alhambra – nel mezzo arcate, donde si vede la corte dei Leoni – il bagliore azzurrognolo di vampe ardenti in lampade di alabastro contrasta misteriosamente co’ la luce languida entro a quel luogo suffusa dal crepuscolo vespertino.
Da un lato, sotto ricco padiglione, giace maestosamente il moro Boabdil re di Granata; un uomo di strana sembianza avviluppato in nera tunica appare nel fondo – è Issàchar, – guata all’intorno meditabondo, indi fra sé:
(Africa! Spagna! ~ o genti abominate!
Sorge tra voi gigante
lo spregiato Israele; iddio librando
le lance sta, ché delle orrende vostre
colpe trabocca; a entrambe un’egual sorte:
onta, sterminio e morte!!! ~
Eppur, figlio di Giuda, io vo apprestando
le chiavi di Granata al re Fernando…
Sì ~ trionfi l’ispano. ~ Ma una fede
ad altra fé succede,
e le nazioni sperdon le nazioni,
finché il tempo rimedi,
dell’antica Sionne i dì sereni.)
(s’avanza, e ponendosi in atto simulato d’ossequio innanzi al re)
Salve, o luce dei credenti,
scuoti l’anima avvilita;
gemer l’aura a’ tuoi cupi lamenti
dovrà in eterno?
Non più infesta ria procella
l’orizzonte di tua vita.
Or di gloria presaga una stella
io vi discerno.
BOABDIL
(con amarezza)
O profeta, a’ rai più truce
sol balenami il fulgore
delle lande, che innumere adduce
il prence ibero.
ISSÀCHAR
(con malignità)
Di Fernando d’Aragona
fia nemico a te maggiore
Adèl-Muza…
BOABDIL
(levandosi impetuoso)
Che ardisci?…
ISSÀCHAR
(in tuono affettato di umiltà)
Perdona…
io parlo il vero.
(indi con accento misterioso, terribile)
De’ suoi guerrier nell’idolo
un saggio re confida?…
Se un tradimento orribile
i giorni tuoi recida,
qual di Granata il popolo
nuovo monarca avrà? ~
D’affascinati sudditi
a te rapìa l’amore
Adèl, cui strugge indomito
desìo di regio onore…
Sgabello il tuo cadavere
al trono ei si farà.
BOABDIL
D’ira, d’orrore un fremito
pe ‘l sangue a me discorre…
Prigion fia tratto il perfido
nella vermiglia torre.
Or chi m’è fido?…
(si getta disperato sul divano)
ISSÀCHAR
(esultando)
(Oh gioia!) ~
(al sultano)
S’affreni il tuo dolor.
(Come l’udiva in Ninive
Sardanapalo un giorno,
molle d’amore un cantico
echeggi or qui d’intorno…
Del vil tiranno infrangasi
vie più la mente, il cor.)
Scena seconda
Mentre il Re smania d’angoscia e di furore, ad un cenno di Issàchar, quasi per incanto, appaiono dalle arcate di mezzo leggiadre Fanciulle e Schiavi recando guzle ed altri istrumenti; alcune danzano, altri suonano accompagnandosi il seguente:
CORO
Sulle guzle, sull’arpe d’argento
solleviamo un concento;
del sultano rattempri il martire
la soave armonia.
Se bearlo potesse il mio spiro,
e posargli nel core!…
Oh! delizia morir come muore
la soave armonia.
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