Griselda
Dramma
Libretto di Apostolo Zeno
Musica di Antonio Maria Bononcini
Prima esecuzione: 26 dicembre 1718, Milano, Teatro Ducale.
Attori del dramma
GUALTIERO re di Sicilia | contralto |
GRISELDA moglie di Gualtiero | soprano |
COSTANZA principessa amante di Roberto | contralto |
CORRADO principe di Puglia | tenore |
ROBERTO fratello di Corrado, amante di Costanza | soprano |
OTONE cavaliere siciliano | contralto |
ISMENO servo faceto di corte | basso |
La scena è intorno Palermo.
Libretto – Griselda
Serenissima altezza
È così povero di meriti il mio ossequio, che non osa escire da’ confini della sua umiltà, e passar sotto l’occhio di V. A. Non vorrebbe però perderne il gran vantaggio, e perché ne sospira l’onore, e perché gliene serve di solletico la congiuntura; onde con una scorta di tutto genio dell’A. V. spera di poter farsi innanzi: né altri meglio che la virtù può vestire tal personaggio. Le virtù dunque di Griselda s’avanzino meco alla gran sorte, e purché ci arrivi, poco cale se piccole stelle, in faccia al sole, perderanno il lume, a fronte di quelle, che con tanto lustro, ed ammirazione adornano l’animo grande di V. A. Basta che gliene resti sol tanto, che m’additi la strada all’alta protezione della medesima, ed avrò toccato il sommo delle mie fortune nell’umiliarmi, come faccio, con profonda sommessione di V. A. S.
Milano, li 26 dicembre 1718.
Umilissimo divotissimo obligatissimo servitore
Donato Savini
Argomento
Gualtiero (intitolato dall’autore del dramma re di Sicilia per maggior nobiltà della scena, tuttoche nella storia altro egli non fosse, che marchese di Saluzzo) invaghitosi d’una semplice contadina per nome Griselda, da lui veduta più volte nell’occasione della caccia, la prese in moglie, non potendo altrimenti espugnar la virtù di Griselda, né soddisfare al suo amore. Un sì disugual matrimonio diede a’ popoli occasione di mormorarne, e dopo la nascita d’una fanciulla, primo frutto di queste nozze, sarebbero passati a qualche sollevazione, se il re non l’avesse repressa, facendo credere di aver fatta morire la figlia, chiamata dall’autore Costanza, e di nascosto inviandola ad un principe suo amico, che nel dramma è Corrado principe di Puglia, perché la educasse segretamente. Era già arrivata all’età di 15 anni Costanza senza che ella, ed altri fuor di Gualtiero, e Corrado, sapesse la vera condizione della sua nascita, che tuttavolta Corrado pubblicamente diceva non esser men che reale. Aveva questi un fratel minore, per nome Roberto, che allevato assieme con la principessa, l’aveva principiata ad amare, tostoché fu capace il suo cuore d’una passione sì delicata, e non solo codesto suo amore da Costanza fu corrisposto, ma da Corrado ancora approvato.
In questo mentre nacque un altro fanciullo a Griselda; e tornando allora i popoli ad una nuova sollevazione, istigati da Otone, nobilissimo cavaliere del regno, ch’era amante della regina, Gualtiero volle por fine a tali disordini, con la finzione di ripudiare Griselda, e di ritrovarsi altra sposa. Usò egli questo artificio, perché conoscendo pienamente la virtù della moglie, voleva ch’ella ne desse pubblica prova, e che quindi i sudditi conoscessero quanto ella meritasse quel grado, che più era nobilitato per lei dalla grandezza dell’animo, che oscurato dalla viltà della nascita. Tanto fece; scrisse a Corrado, che li conducesse Costanza in qualità di sua moglie; intimò a Griselda il ripudio; la rimandò alle sue selve, ed ella sofferse il tutto con una fortezza più che donnesca. I finti rigori di Gualtiero, e le vere persecuzioni di Otone, che in tali disgrazie di Griselda si va adulando di poterla ottenere per moglie, fanno tutto l’intreccio, con quegli avvenimenti, che per entro vi si ravvisano, e son della storia; essendo storia quell’andar di Costanza nella capanna di Griselda, a bella posta condottavi, sotto pretesto di caccia, dal re; storia quel movimento del sangue, e quel dibattimento del cuore che provorno la madre, e la figlia nel vedersi la prima volta, senza conoscersi; storia la preghiera fatta da Costanza a Gualtiero, per ottenerne Griselda in sua serva; storia finalmente la gran fermezza da questa dimostrata al marito ne’ molti dispregi, che egli le usò, fino che intenerito dalle affettuose espressioni, che li fece del proprio amore, l’abbracciò lagrimando, e le palesò qual fosse Costanza, e l’oggetto della sua finta fierezza.
Atto primo
Scena prima
Atrio reale.
Gualtiero, e Popoli.
GUALTIERO
Questo, o popoli, è ‘l giorno, in cui le leggi
da voi prende il re vostro. A voi fa sdegno
veder ch’empia ‘l mio letto
donna tratta da’ boschi,
donna avvezza a trattar rustica vanga.
Tal Griselda a me piacque;
tal la sdegnaste. Al fine
miro lei co’ vostr’occhi.
Decretato è ‘l ripudio; e voi ne siate
giudici, e spettatori. Or che la rendo
a le natie sue selve,
col vostro amor quel del mio core emendo.
Scena seconda
Griselda, e detti.
GRISELDA
Eccoti, sire, innanzi
l’umil tua serva.
GUALTIERO
È grave
l’affar, per cui sul primo albor del giorno
qui ti attende Gualtier.
GRISELDA
Tutta quest’alma
pende da’ labbri tuoi.
GUALTIERO
Siedi.
(si assidono)
GRISELDA
Ubbidisco.
GUALTIERO
Il ripeter ci giovi
gli andati eventi. Dimmi,
qual io fui; qual tu fosti.
GRISELDA
(Alto principio!) In vil tugurio i’ nacqui;
tu fra gli ostri reali.
GUALTIERO
Era il tuo ‘ncarco?
GRISELDA
Pascer gli armenti.
GUALTIERO
Il mio?
GRISELDA
Dar leggi al mondo.
GUALTIERO
Come al soglio salisti?
GRISELDA
Tua bontà fu, cui piacque
sollevarmi dal pondo
de la mia povertà vile, ed abietta.
GUALTIERO
Così al regno ti ammisi?
GRISELDA
E fui tua serva.
GUALTIERO
Tal ti accolsi nel letto?
GRISELDA
Ed io nel core.
GUALTIERO
(Meritar men d’un regno
non dovea tanta fede, e tanto amore.)
Prole avemmo?
GRISELDA
Una figlia.
GUALTIERO
E tolta questa
ti venne da la cuna?
GRISELDA
E più non n’ebbi, oh dio! notizia alcuna.
GUALTIERO
Quant’ha?
GRISELDA
Quindici volte
compì d’a lor l’annua carriera il sole.
GUALTIERO
Ti affliggesti?
GRISELDA
Fu legge
al mio duolo un tuo cenno.
GUALTIERO
Io fui per essa
e carnefice, e padre.
GRISELDA
Era tuo sangue,
e versar lo potevi a tuo piacere.
GUALTIERO
E m’ami anche crudel?
GRISELDA
Meno amar’io
non ti potrei, se ancor versassi il mio
GUALTIERO
Al fin?
GRISELDA
Nacque Everardo,
unica tua delizia.
GUALTIERO
In sì gran tempo
ti spiacqui? ti oltraggiai?
GRISELDA
Grazie sol n’ebbi.
GUALTIERO
Di quanto feci, io non mi pento. Il cielo
testimonio ne sia; ma pur conviene
che i miei doni ritratti. Il re talvolta
dée servire a’ vassalli, e seco stesso,
per serbarne il dominio, esser tiranno.
GRISELDA
Dove tu imperi, ogni ragion condanno.
GUALTIERO
La Sicilia, ov’io regno,
ubbidirmi ricusa. Ella mi sgrida,
che i talami reali abbia avviliti
con lo sposar Griselda; e non attende
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