Pia de’ Tolomei

Tragedia lirica in due parti.

Libretto di Salvadore Cammarano.
Musica di Gaetano Donizetti.

Prima esecuzione: 18 febbraio 1837, Venezia, Teatro Apollo.
Video dell’opera

Personaggi:

NELLO della Pietra baritono
PIA moglie di Nello soprano
RODRIGO de’ Tolomei, fratello di Pia contralto
GHINO degli Armieri, cugino di Nello tenore
PIERO solitario basso
BICE damigella di Pia soprano
LAMBERTO antico familiare de’ Tolomei basso
UBALDO familiare di Nello tenore
Il CUSTODE della torre di Siena tenore

Coro di Damigelle, Familiari di Nello, Guerrieri guelfi, Guerrieri ghibellini, Romiti. Comparse di Soldati senesi, Soldati fiorentini, Scudieri di Nello, Servi di Nello.

L’avvenimento ha luogo prima nelle vicinanze di Siena, quindi nella maremma toscana. L’epoca è dell’anno 1260. Nota bene: in luogo della «sala terrena» indicata, per errore, nella scena I della parte prima, devono essere gli «appartamenti di Pia», come nella scena V.

Libretto – Pia de’ Tolomei

Parte prima

[Preludio]

Scena prima
Sala terrena entro un castello de’ Tolomei.
Familiari di Nello.

[N. 1 – Introduzione, scena e cavatina]

CORO

Ancor del fosco notturno velo
tutto spogliato non era il cielo.
Quando ravvolto nel suo mantello
segreto messo giunse al castello.
IIº
Fu tratto forse dinanzi a Pia?
Nello, il consorte quell’uomo invia?

Lo accolse Ubaldo…
IIº
Ei viene appunto!

Scena seconda
Ubaldo, e detti.

CORO

Di’, quel messaggio?…
IIº
Dal campo è giunto?

Reca novelle tristi, o felici?
IIº
Parla!…

Disvela!…

UBALDO
Udite, amici:
(a voce bassa, ed in tono misterioso)
né Pia, né quanti le son dappresso
denno contentezza aver del messo.
Crudel mistero colui m’apprese…
(gli altri vorrebbero interrogarlo)
Sol debbe a Ghino esser palese.
V’allontanate.

CORO
Fatal messaggio!
Fra noi tremendo egli apparì!…
Qual di cometa sanguigno raggio
che di spavento la terra empì!
(si dileguano)

Scena terza
Ghino, e detto.

UBALDO
Signor, giungi opportuno.

GHINO
Il mio sospetto
forse?…

UBALDO
Divien certezza.
Sorpresi un foglio.

GHINO
Di tue cure, Ubaldo,
premio condegno avrai.
(Ubaldo gli porge uno scritto, ed egli legge)
«Quando sepolto
fia nel silenzio della notte il mondo,
inosservato per la via del parco
a te verrò: l’assenza
del tuo sposo aborrito a me concede
d’abbracciarti la gioia, e tal mercede
soffrir mi fa la vita.» ~ O Pia mendace!
Ove il rigor, l’austera
virtude ov’è che rampognar ti fea
l’amor di Ghino? Ah! Sempre, o fatal donna
separati ne avesse
quella tremenda eredità degli avi,
la vendetta, il furor, né ghibellino
talamo accolta chi nascea di Guelfi,
che tanto sventurato
or non sarei, né vinto e lacerato
da rimorso infernal, d’un mio congiunto
la sposa amando!

UBALDO
E che risolvi, o Ghino?

GHINO
Chiesi vederla… Oh Se repulse ardisci
oppormi ancor, paventa…
un detto mio ti perde… Ove trascorro!
Ah! Ne morrei da fera doglia oppresso…

UBALDO
E tanto l’ami ancor?

GHINO
Più di me stesso.
Non può dirti la parola
qual desio m’incalza e punge…
La speranza che s’invola
nuove fiamme al foco aggiunge.
Pia m’aborre, Pia mi fugge…
ma non fugge dal mio cor.
Ah! L’incendio che mi strugge
è delirio, e non amor!

Scena quarta
Bice, e detti.

GHINO
Ebben?

BICE
Venirne davanti a lei
più non ti lice.

GHINO
Chi a me lo vieta?

BICE
Pia.

GHINO
La cagione?

BICE
Saper la déi.
E Nello, anch’egli potria…

GHINO
T’acqueta.
Troppo dicesti!

BICE
Nel mio linguaggio
ella ti parla: pènsavi, e trema.
(parte)

UBALDO
Muto rimani a tanto oltraggio!

GHINO
Non ha favella un’ira estrema.
(dopo un momento di riflessione rende il foglio ad Ubaldo)
Rechi all’infida ignoto messo
quel foglio…

UBALDO
Intendo: riposa in me.

GHINO
Al campo io volo… e Nello, ei stesso
udrà qual onta costei gli fe’.
Mi volesti sventurato?
Sventurata sarai meco…
i miei pianti avranno un’eco,
il mio duol vendetta avrà.
O mio core, o cor sprezzato
gemi indarno in questo petto…
déi bandir qualunque affetto
che somigli alla pietà.

UBALDO
Sì, tu fosti provocato…
saria stolta la pietà.
(partono da opposta via)

Scena quinta
Appartamenti di Pia. Due porte laterali: quella a destra mena alla stanza da letto: altra porta nel fondo, dietro la quale un verone, che risponde sul giardino.
Bice, e Lamberto.

[scena non musicata]

LAMBERTO
Surse la Pia?

BICE
Surse anzi l’alba, e parmi
più dell’usato ancora
gemente, irrequieta.

LAMBERTO
Il suo cordoglio
purtroppo è giusto! D’esecranda pugna
il dì s’appressa: per lo sposo insieme,
e pe ‘l fratello, armati
l’un contro l’altro e di vendetta ardenti,
ella tremar dovrà!

BICE
Malvagia etade!…
Di sangue cittadin grondar le spade
vedremo ancor!

LAMBERTO
Di Nello
fu prudente consiglio
la sposa allontanar dal suo palagio
che scopo fia di militar licenza,
se la tremenda oste di Flora irrompe
nella cittade.

BICE
E questa rocca, antico
de’ Tolomei retaggio,
scampo securo estimi tu?

LAMBERTO
Fu dessa
inespugnabil sempre.
Lo sventurato genitor di Pia,
quando funesta ardea gara civile,
qui ricovrò da Siena, e l’ira ostile
respinse a lungo; ma consunto alfine
ogni alimento, per segreto calle
(egli getta come involontariamente uno sguardo sulla parete in fondo)
fuggì, sull’Arno raggiungendo i figli
pargoli ancora, e la consorte. Io poscia
tuttor qui m’ebbi solitaria stanza…

BICE
Ver noi la Pia s’avanza.

LAMBERTO
Io mi ritraggo… Alle sue donne accanto
libero sgorghi dell’afflitta il pianto.
(parte pe ‘l fondo)

Scena sesta
Pia, Damigelle, e detta.

[N. 2 – Coro, scena e cavatina Pia]

DAMIGELLE
(invitando la Pia a sedere presso il verone)
Qui posa il fianco. È vivida
quest’ora del mattino,
imbalsamata è l’aura
che move dal giardino:
di vaghi fior smaltato
ve’ come ride il prato,
qui tutto spira e parla
celeste voluttà…
(È vano! A confortarla
uman poter non v’ha!)

PIA
(sorgendo smaniosa)
A voi son grata… ma non è quest’alma
più di gioia capace.

BICE

"Dimmi il mio nome prima dell'alba, e all'alba vincerò"
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