Ascanio in Alba
Festa teatrale
Libretto di Giuseppe Parini
Musica di Wolfgang Amadeus Mozart
Prima esecuzione: 17 ottobre 1771, Milano, Teatro Ducale.
Video dell’opera
Personaggi:
VENERE | soprano |
ASCANIO | soprano |
SILVIA ninfa del sangue d’Ercole | soprano |
ACESTE sacerdote | tenore |
FAUNO uno de’ principali pastori | soprano |
Geni, Pastori, Pastorelle.
L’azione segue in una parte della campagna, dove poi fu Alba.
Libretto – Ascanio in Alba
Ai lettori
È noto, che Ascanio celebre figliuolo d’Enea andò, per ragioni di stato, ad abitare in una deliziosa contrada dell’antico Lazio; vi edificò una città, a cui diede nome Alba; vi prese moglie; vi governò un popolo, e diede origine agli Albani. È pur noto, che Ercole viaggiò, e dimorò per alcun tempo in quelle vicinanze.
Su questi e simili fondamenti storici, e poetici si dà luogo alla favola allegorica della seguente rappresentazione.
Parte prima
[Ouverture]
Allegro assai (re maggiore)
Archi, 2 flauti, 2 oboe, 2 corni, 2 trombe, timpani.
Scena prima
Area spaziosa destinata alle solenni adunanze pastorali, limitata da una corona d’altissime e fronzute querce che vagamente distribuite all’intorno conciliano un’ombra freschissima e sacra. Veggonsi lungo la serie degli alberi verdi rialzamenti di terreno presentati dalla natura e in varia forma inclinati dall’arte per uso di sedervi con graziosa irregolarità i pastori. Nel mezzo sorge un altare agreste, in cui vedesi scolpito l’animal prodigioso da cui si dice che pigliasse il nome la città d’Alba. Dagl’intervalli che s’aprono fra un albero e l’altro si domina una deliziosa e ridente campagna, sparsa di qualche capanna e cinta in mediocre distanza d’amene colline onde scendono copiosi e limpidi rivi. L’orizzonte va a terminare in azzurrissime montagne, le cui cime si perdono in un cielo purissimo e sereno.
[N. 1 – Balletto]
Andante grazioso (sol maggiore)
Archi, 2 flauti, 2 oboe, 2 corni.
Venere in atto di scender dal suo carro. Ascanio a lato di esso. Le Grazie e quantità di Geni che cantano e danzano accompagnando la dèa. Scesa questa, il carro velato da una legger nuvoletta si dilegua per l’aria.
[N. 2 – Coro di Geni e Grazie]
Allegro (re maggiore)
Archi, 2 flauti/oboe, 2 corni, 2 trombe, timpani.
CORO DI GENI
Di te più amabile,
né dèa maggiore,
celeste Venere,
no, non si dà.
PARTE DEL CORO
I
Tu sei degli uomini,
o dèa, l’amore:
di te sua gloria
il ciel si fa.
PARTE DEL CORO
II
Se gode un popolo
del tuo favore,
più dolce imperio
cercar non sa.
CORO
Con fren sì placido
reggi ogni core,
che più non bramasi
la libertà.
Recitativo
(al suo séguito che si ritira nell’indietro della scena disponendosi vagamente)
VENERE
Geni, Grazie ed Amori,
fermate il piè, tacete;
frenate, sospendete,
fide colombe, il volo:
questo è il sacro al mio nume amico suolo.
Ecco, Ascanio, mia speme, ecco le piagge
che visitammo insieme
il tuo gran padre ed io. Quel tempo ancora
con piacer mi rammento. Anco i presagi
parvero disegnar che un giorno fora
del mio favore oggetto
questo popolo eletto.
(accennando l’altare)
In quell’altare
vedi la belva incisa
che, d’insolite lane ornata il tergo,
a noi comparve. Il grand’Enea lo pose
per memoria del fatto: e quindi ‘l nome
prenderà la città ch’oggi da noi
avrà illustre principio. Io fin d’allora
qui delle grazie mie prodiga sono
al popolo felice, e qui ‘l mio core
fa sovente ritorno
dalla beata sfera ove soggiorno.
Ma qui presente ognora
con la mia deità regnar non posso:
tu qui regna in mia vece. Il grande, il pio,
il tuo buon genitor, che d’Ilio venne
a le sponde latine, or vive in cielo
altro dio fra gli dèi:
e soave mia cura ora tu sei.
ASCANIO
Madre, che tal ti piace
esser da me chiamata anzi che dèa,
quanto ti deggio mai!
VENERE
Già quattro volte, il sai,
condusse il sol su questi verdi colli
il pomifero autunno,
dacché al popolo amico il don promisi
de la cara mia stirpe. Ognuno attende,
ognun brama vederti: all’are intorno
ognun supplice cade, e il bel momento
affretta ognun con cento voti e cento.
[N. 3 – Aria]
Allegro (sol maggiore)
Archi, 2 oboe, 2 corni.
L’ombra de’ rami tuoi
l’amico suolo aspetta.
Vivi, mia pianta eletta:
degna sarai di me.
Già questo cor comprende
quel che sarai di poi,
già di sue cure intende
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