Gli avvenimenti d’Erminia e di Clorinda
Dramma per musica.
Libretto di Giulio Cesare Corradi.
Musica di Carlo Francesco Pollarolo.
Prima esecuzione: carnevale 1693, Venezia, Teatro Santi Giovanni e Paolo.
Personaggi:
CLORINDA | sconosciuto |
ERMINIA | sconosciuto |
TANCREDI | sconosciuto |
ARGANTE | sconosciuto |
RAIMONDO | sconosciuto |
ISMENO mago | sconosciuto |
ALINDO scudiero d’Erminia | sconosciuto |
RAMBALDO | sconosciuto |
PASTORE | sconosciuto |
PINDORO padrino | sconosciuto |
ARIDEO padrino | sconosciuto |
CORRIERO | sconosciuto |
ARMIDA | sconosciuto |
FAMA | sconosciuto |
Spirito di Clorinda, Fantasma che rappresenta Clorinda.
Libretto – Gli avvenimenti d’Erminia e di Clorinda
Illustrissimo…
…e reverendiss. sign. mio patron colendiss.
La musica, e la poesia son due sorelle. Il bel genio di v. s. illustrissima tanto si compiace della prima, che non potrà far di meno di non compiacersi anco della seconda. Su questo motivo, incoraggiato da padroni, ed amici, che tutti professano intrinseca devozione co’ la persona di v. s. illustrissima, mi sono indotto a consacrarle il presente dramma, per averla protettrice non solo a miei versi, ma a le note del sig. Carlo Pollarolo, di cui, son li medesimi con singolar meraviglia animati. Ho taciuta prima della stampa la dedicazione, assicurato, che la di lei modestia l’avrebbe certamente ricusata. Desiderando io però con fermezza l’acquisto di tal patrocinio ho commesso un delitto d’irriverenza, per non andarne deluso. Colpa, che sarà facilmente rimessa, perché non fu volontaria: e voglio sperarlo, conoscendo che chi nasce dalla gran casa Vidmana non sa esercitar se non eccessi di gentilezza. Ognuno ne fa testimonianza coll’esperienza del beneficio, non m’estendo a decantare le glorie di così degna famiglia nelle porpore, nelle reggenze, ed in ogni grado più cospicuo, ed onorevole, lasciando quest’uffizio alle cento bocche della fama, omai senza fiato nel pubblicarle per tutto l’universo, mi restringo solo a supplicare la somma bontà di v. s. illustrissima a gradire il primo attestato di mia riverenza per potermi vantare qual veramente mi dichiaro d’essere.
Di v. s. illustriss. reverendiss. umiliss. ed ossequiosiss. servo
Giulio Cesare Corradi.
Cortese lettore
Ti mostrasti così soddisfatto della mia Gerusalemme, che ho voluto comporti un altro dramma intitolato gl’Avvenimenti d’Erminia, e di Clorinda, tratto da quel sempre prodigioso poema del sig. Torquato Tasso. Non m’estendo alla spiegazione dell’argomento, perché farei troppo torto a qualunque grado di persona, che al pari di me, ne tiene una perfettissima notizia. T’invito solo ad udire la musica del sig. Carlo Francesco Pollarolo, che per essere l’ultima fatica delle cinque opere, vestite quest’anno, nel giro di tre mesi, delle sue spiritosissime, et impareggiabili note, ti farà certamente stupire, come la virtù de sigg. recitanti non inferiori ad ogn’altro, che facci pompa quest’anno ne’ teatri, sarà per dilettarti con piena soddisfazione. Le parole fato, destino, ecc. sono i soliti poetici ornamenti. Vieni, e vivi felice.
Atto primo
Scena prima
A tenda calata concerto di trombe in forma di battaglia, che segua a corpo, a corpo; nel qual tempo alzato il sipario, si vedrà steccato fuori della città di Gerusalemme con sole, che tramonta all’occaso. Corpo di soldati Cristiani da una parte: di Saraceni dall’altra. Pindoro, e Arideo i due padrini nel mezzo con loro scettri alla mano. Erminia sulla cima d’una torre dentro le mura, osservando l’esito delle battaglie.
Argante in atto d’aver gettato a terra Ottone.
ARGANTE
Renditi vinto: e per tua gloria basti
che dir potrai, che contro me pugnasti.
(Ottone balza in piedi minacciando Argante)
Ancor ti movi all’ire? Ah forse credi
esser Anteo, che nel cader risorge
con più vigor e forza?
Conosci dunque il mio valor a prova,
poiché la cortesia sprezzar ti giova.
(combattono in guisa di prima a’ suono dell’accennate trombe e caduto un’altra volta Ottone a terra, Argante lo disarma della spada)
ARGANTE
Eccoti nuovamente
sul terreno abbattuto; ogni superbo
come costui ti vede,
faccia col petto suo strada al mio piede.
(va per calpestarlo)
Scena seconda
Tancredi con spada alla mano e detti.
TANCREDI
Anima vil, che serbi,
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