Ifigenia in Tauride
Dramma per musica
Libretto di Marco Coltellini
Musica di Tommaso Traetta
Prima esecuzione: 4 ottobre 1763, Vienna, Hoftheater.
Personaggi:
TOANTE re della Tracia | tenore |
ORESTE figlio d’Agamennone re di Argo fratello di | contralto |
IFIGENIA sacerdotessa di Pallade | soprano |
PILADE amico d’Oreste | soprano |
DORI vergine greca amica d’Ifigenia sacerdotessa del tempio di Pallade | soprano |
Cori e balli: di Sacerdotesse, e Vergini consacrate a Pallade, di Sacerdoti, e Ministri del tempio, di Furie, di Soldati, di Nobili sciti, di Popolo.
La scena è in Tauri capitale della Tracia.
Libretto – Ifigenia in Tauride
Argomento
Agamennone re d’Argo, e generale dell’armata greca destinata all’assedio di Troia, trattenuto in Aulide da’ venti contrari, ed impedito di passar nell’Asia all’impresa; per consiglio di Calcante gran sacerdote condiscese di sagrificare a Diana la sua figlia Ifigenia: ma contenta la dèa di questo difficile sforzo di un padre, nel momento che doveva svenarsi la fanciulla, sostituì al sacrificio una cerva, e lei trasportò altrove. Così ottenuto il favor del vento passò in Frigia l’esercito greco, e si accinse all’espugnazione di Troia. Intanto Clitennestra moglie di Agamennone, e madre d’Ifigenia, dolente della perdita della figlia, e irritata contro il marito, s’invaghì d’Egisto, e destinò farlo suo sposo, e metterlo sul trono, uccidendo Agamennone. Distrutta Troia tornando Agamennone in trionfo alla reggia, dalla moglie che con mentite carezze lo accolse, coll’aiuto d’Egisto fu assassinato. Oltre la perduta Ifigenia, Agamennone avuti avea da Clitennestra altri due figli, Elettra, ed Oreste; questo era ancora fanciullo. Meditava Clitennestra di disfarsene, perché temeva che venuto in età vendicasse la morte del padre; ma Elettra trovò modo di trafugarlo, inviandolo alla corte di Strosio re della Focide, amico di Agamennone, e padre di Pilade, col quale fu Oreste allevato, e contrasse quella amicizia tanto celebrata nella favola. Cresciuto Oreste negli anni, determinò di trar vendetta della morte del padre, e di liberar la sorella Elettra, che come schiava era trattata da Egisto. Con questo disegno si condusse sconosciuto in Argo in compagnia di Pilade, ed introdottosi segretamente nella reggia uccise la madre, ed Egisto. Dopo questo eccesso, tormentato Oreste dalle furie, immaginando d’aver sempre d’intorno l’ombra della madre, cadde in un delirio che di rado gli lasciava far uso della ragione. In questo stato infelice consultò l’oracolo di Delfo da cui già precedentemente gli era stato ordinato d’uccider la madre. Gl’intimò l’oracolo di andare in Tauri nella Scizia, e rapire dal tempio di Diana il simulacro della dèa che con somma venerazione vi era custodito, e di portarlo nell’Attica, promettendogli dopo questo furto il ritorno alla primiera tranquillità. Toante regnava allora in Tauri, ed era in quel regno antico costume sagrificare a Diana qualunque straniero che vi giungesse. La smarrita Ifigenia, rapita in Aulide dalla dèa, in Tauri trasportata, e da lei fatta sua gran sacerdotessa, era appunto quella che presedeva a que’ barbari sacrifici. Oreste ubbidiente ad Apollo, navigando coll’amico Pilade giunse in Tracia nelle vicinanze di Tauri, e mentre meditavano il mezzo di penetrar nel tempio per eseguire il furto, sorpresi dalle guardie, e conosciuti per stranieri, furono destinati al sacrificio. Quando però Oreste era in procinto d’essere svenato dalla sorella, ne’ discorsi che hanno insieme venendosi a riconoscere, inorriditi del cimento in cui si trovavano, dispongono di fuggire; portando via il simulacro di Diana: ma scoperti nella fuga, e inseguiti, nell’atto d’esser presi, sopravviene Minerva che comanda a Toante di lasciarli in libertà, tale essendo il volere de’ numi.
Questa è l’esposizione della tragedia di Euripide intitolata Ifigenia in Tauri; ma siccome è permesso il far de’ cambiamenti alla favola, così vien da me supposto: che Pallade fosse adorata in Tauri, e che a lei si sacrificassero gli stranieri: che sacerdotessa del suo tempio fosse Ifigenia: e che il suo simulacro esser dovesse da Oreste rapito, e portato in Atene, perché ne era spezial protettrice; e che volendo Toante costringere Ifigenia a svenare il fratello; nell’estrema disperazione, per sovrumano impulso, uccida il tiranno, e calmato il tumulto del popolo lo persuada a seguirla nell’Attica, conducendovi il Palladio; rimanendo in tal guisa adempito l’oracolo: liberato Oreste dalla persecuzione delle furie, e ritrovata e riconosciuta la perduta Ifigenia.
Ravviserà facilmente il lettore nelle furie che tanto tormentano Oreste nobilmente personificati dalla favola i rimorsi, che agitano comunemente i delinquenti; rimorsi che la natura rende più vivi, e più atroci qualora si tratti d’un delitto che l’offende con tanta violenza come il parricidio.
Atto primo
Scena prima
Seno di mare ingombrato da scogli: veduta di campagne in lontananza. Piccola nave approdata.
Oreste in atto di scendere sul lido; e poi Pilade.
ORESTE
Restate amici, e in più remota parte
nascondete il naviglio; al mio riposo
questo è il luogo prescritto; o a voi ritorno
col Palladio rapito, e placo l’ombra
della madre sdegnata; o voi recate
che qui fine ha il mio duol, che più non vivo
la novella funesta al lido argivo.
Ma, Pilade l’amico,
giusti numi dov’è! Sceso poc’anzi
scorre senza di me l’ignoto lido
prima del giorno! Alle mie furie infeste
m’abbandona così!
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