La Rosinda

Dramma per musica

Libretto di Giovanni Faustini
Musica di Francesco Cavalli

Prima esecuzione: carnevale 1651, Teatro Sant’Apollinare, Venezia.

Interlocutori

NEREA regina di Corcira, amante di Clitofonte soprano
ROSINDA principessa di Corinto amata da Thisandro, e innamorata di Clitofonte soprano
CLITOFONTE principe di Creta, acceso di Rosinda tenore
RUDIONE scudiero di Rosinda basso
THISANDRO principe d’Argo, tradito amante di Rosinda basso
PLUTONE basso
PROSERPINA soprano
VAFRILLO paggio di Nerea soprano
CILLENA dama confidente di Nerea soprano
AURILLA fanciulla di Nerea soprano
MEANDRO mago, balio di Nerea basso

Cori di maghe. Coro di spiritelli. Un Gigante tacito. Coro di spiriti in forma di soldati di Nerea. Coro di nani. Coro di mostri di Meandro.

Libretto – La Rosinda

Eccettuata la prima scena, che si finge sopra uno scoglietto vicino a Corcira, si rappresenta la favola in una delle Strofadi, che sono due isolette del mar Ionio già nidi di Celeno, e dell’altre Arpie, dette di prima Plote, poscia Strofade, dal ritorno, che fecero Calaino, e Zeto figliuoli di Borea, avvertiti da Iride di non seguire più i cani di Giove, intendendo di quelli mostruosi, e voraci augelli, ch’avevano que’ giovanetti Argonauti colà fugati sin dalla Tracia dalle mense del cieco Fineo, significando «strofe» in greco «ritorno».

Spettatore
La Rosinda è un puro romanzo. Le sue peripezie, e le sue azioni, lontane dal naturale, e del verosimile sono figlie di due verghe, e di due fonti. Mi dichiarai nell’antecedente Oristeo, che questi due drammi furono da me composti per disobbligazione di debito, non per avidità d’applauso.
Attendi alla favola.

Delucidazione della favola
Rosinda principessa di Corinto, avvezza all’armi, e per prove famosa, errando, com’era l’uso in quei tempi de’ cavalieri a difesa de gl’impotenti, e per sradicare dal mondo i malvagi; giunse con Clitofonte, erede dello scettro di Creta, in Scithia, ambo là tratti dalla fama d’una difficile impresa; beverono dentro una selva dell’acque di certa fonte, che con occulta qualità smorzava le fiamme attuali d’Amore, e n’accendeva di nuove. Rosinda in pochi sorsi, lavata dal cor l’immagine di Thisandro, il più valoroso principe di quel secolo, s’innamorò del guerriero presente, e Clitofonte, spento quel foco, che per Nerea, regina di Corcira, l’ardeva, all’improvviso sospirò per Rosinda: Nerea istrutta nelle magiche discipline da Meandro il balio famosissimo mago, gettate l’arti, intese le spurie svisceratezze del suo caro, onde fattolo rapire da un turbine, mentre lusingava l’amata guerriera, in un delizioso loco di Corcira incantollo, spendendo però invano ogni allettamento per recuperare dall’ammaliato le perdute dolcezze. Meandro, tormentato nelle fredde impotenze dell’età da acuti stimoli amorosi per l’allieva, non potendo più vivere taciturno, scoprì il suo male alla bella regina. Le rigorose repulse, ch’ebbe, destarono lo sdegno nel savio vecchio, quale ritrovata Rosinda, che lacrimava le perdite del nuovo amante, con il dono d’una spada incantata, inviolla sopra d’una nave in forma di spaventevole serpe alla liberazione del sospirato. Dissipò l’innamorata con la virtù del ferro ogn’incanto, e sprigionate le sue viscere, ritornò al serpentino vascello, che raccolti gl’amanti, battendo l’ali per l’acque, si volse verso le Strofadi, dove disperato dimorava il principe d’Argo, Thisandro. Questi navigando il Ionio per andarsene a Corinto, desideroso d’aver nuove della sua bella, approdata la nave a Zacinto, ritrovò su la spiaggia Rudione, scudiero di Rosinda, dal quale intese la infedeltà della principessa, ed i suoi recenti amori con Clitofonte. Tramortì al funesto di quei ragguagli Thisandro, e giunta la notte, abbandonati nelle tende i sergenti, montò sopra d’un pallaschermo, e si diede all’arbitrio del mare, che gettollo alle deserte arene d’una delle Strofadi. Scese su l’incoltivato sasso il dolente, e stabilito di morire, tradito d’Amore, su quel deserto, separato da’ vivi, si spogliò l’armi, ed appesele in forma di trofeo ad una quercia, intagliò nel tronco della pianta caratteri di disperazione con i quali esprimeva la cagione della sua morte.
Impose Meandro a quelle intelligenze, ch’invisibili reggevano il natante serpente, che lo facessero arrivare a quei lidi, acciocché Thisandro, conosciuto l’emulo, l’uccidesse, per addolorare con la strage del suo adorato, Nerea. Ella avvedutasi della fuga di Clitofonte, addoppiata la verga, e mormorati i carmi infruttuosamente per ritenerlo, superata dalli studi del balio, convoca orrendo concilio di maghe amiche su la solitudine a un scoglio a Corcira vicino, sperando, sconsigliata, di ritrovare in quella dieta, consiglio, e rimedio all’acerbità de’ suoi casi.

Prologo

Scena prima
Con la scena della tenda velata.
Le Furie.
Del magico concilio
chi vela li spettacoli?
Dei tartarei miracoli
chi chi l’aspetto ottenebra?
Squarcisi questa tenebra,
questa tela si laceri,
e la pompa terribile
fra le felci, e tra gli aceri
si faccia omai visibile.
Su su sorelle Eumenide
al sibilar degl’aspidi
tosto l’opra eseguiscasi
ratto il velo rapiscasi.
(portano con loro volando la tenda)

 

Atto primo

Scena prima
Selva sul deserto d’uno scoglio a Corcira vicino.
Nerea, Coro Primo, Secondo, Terzo di Maghe.

NEREA
Della magica tromba i fiati o saggie,
su quest’aride spiaggie,
tra i sacri orrori, e tra i silenzi amici
di questo bosco annoso,
perché noto vi sia del mio penoso
cordoglio repentin l’aspre ferite
v’invitar risonanti. Udite, udite.
Rosinda, ohimè Rosinda,
la guerriera rivale

"Dimmi il mio nome prima dell'alba, e all'alba vincerò"
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