L’Argia
Dramma musicale.
Libretto di Giovanni Filippo Apolloni.
Musica di Antonio Cesti.
Prima esecuzione: 4 novembre 1655, Innsbruck, Hof-Saales Theater.
Interlocutori:
TETI prologo | soprano |
AMORE prologo | soprano |
ATAMANTE re di Cipro | baritono |
DORISBE figlia d’Atamante | soprano |
FERASPE principe di Negroponte | contralto |
ACESTE scudiero di Feraspe | baritono |
Principessa di Negroponte, sorella di Feraspe in abito di maschio, chiamata LAURINDO | mezzosoprano |
Lucimoro figlio d’Atamante, creduto SELINO figlio del re di Tracia | contralto |
SOLIMANO aio di Selino | baritono |
DEMA vecchia nutrice di Dorisbe | tenore |
LURCANO buffone, servo d’Atamante | contralto |
FILAURA cantatrice | soprano |
ALCEO eunuco servo di Filaura | tenore |
OSMANO vecchio in abito di pastore, aio di Lucimoro | basso |
Un bambino – FANCIULLETTO – figlio di Lucimoro, e d’Argia | soprano |
SOLDATO della fortezza di Salamina | altro |
VENERE | soprano |
L’ INNOCENZA | soprano |
Coro di Marinai. Coro di Soldati. Coro di Numi.
Personaggi muti, ovvero comparse:
per Atamante 10 Soldati, 6 Paggi, 2 Mori;
per Selino 6 Soldati, 2 Mori;
per Dorisbe 8 Damigelle;
per Feraspe 6 Soldati, 2 Paggi;
per Filaura 4 More;
per Argia 6 Damigelle.
La scena si finge in Salamina, allora metropoli di Cipro.
Scene, Balli e Macchine
Scene:
1. Mare, e porto, con vista della fortezza di Salamina.
2. Cortil regio.
3. Il tempio di Venere.
4. Appartamenti.
5. Giardino con vista del palazzo reale.
6. Logge e prigioni.
7. La città di Salamina.
8. Anfiteatro per combattere.
Balli:
1. di Buffoni
2. di Fantasmi
3. di Soldati
4. di Amorini
Macchine:
Una conchiglia per Teti.
Una barca, entrovi Feraspe, ed Aceste, con il coro de ‘ Marinai.
Un carro aereo per Venere.
Un trono celeste, dove si trovano alfine, Venere, l’Innocenza, un coro di Numi, che cantano, ed un coro di Amorini, che ballano.
Un volo d’Amore dal cielo in mare.
Un volo d’Amore dalla conchiglia in cielo.
Quattro Fantasmi che volano dopo il ballo differentemente.
Argomento della favola
Atamante re di Cipro ebbe da Doricrene sua moglie un maschio nominato Lucimoro, ed una femmina chiamata Dorisbe. Fu Lucimoro, ancor bambino rapito da corsari nelle spiagge di Cipro, e seco furon fatti schiavi la nutrice, e l’aio, nominato Osmano. Fu venduto il bambino ad Alì re di Tracia quale ritrovandosi senza figli, e senza speranza d’averne, adottò Lucimoro, e chiamollo Selino. Dopo varie diligenze fatte dal re Atamante, per ricuperare il perduto figlio, la regina Doricrene, vinta dal dolore, morì. La nutrice di Lucimoro morì parimente prima di arrivare a Bisanto, e l’aio Osmano con improvvisa fuga si liberò dalla schiavitudine; ma dubitando, se ritornava in Cipro, che la perdita del regio figlio fussi ascritta a suo mancamento, deliberò di ritirarsi nell’isola di Negroponte, e quivi in abito di pastore terminar sconosciuto i suoi giorni. Volse Atamante dopo la morte di Doricrene vedovar tutto il rimanente della sua vita, e quando non gli fusse permesso di ritrovar il figlio, risolvé di far erede del regno l’infanta Dorisbe, quale in tanto cresceva in straordinaria bellezza. Cresceva altresì in Tracia ricco di qualità riguardevoli il principe Selino, è giunto alla fine del terzo lustro, ottenne da Alì di peregrinar per il mondo, per apprender non meno la diversità delle lingue, che dei costumi. Arrivò incognito Selino nel regno di Negroponte, dove s’invaghì d’Argia figlia del re Toante, bella a meraviglia. Corrispose Argia a gli affetti dello straniero, quale scoprendosi per il principe di Tracia, e dandogli fede di matrimonio, ottenne felicemente l’intento de suoi pensieri. Rimase in pochi giorni Argia gravida di Selino, quale già sazio degl’abbracciamenti dell’incauta principessa, imbarcatosi di notte sopra un vascello, improvvisamente si partì. S’accorse, benché tardi l’infelice del tradimento, e vedendo maturarsi quel tempo, che scopriva gli amorosi errori, in abito di maschio disperata se ne fuggì. Prima d’uscir da quel regno fu sopraggiunta da i dolori del parto, e ritrovandosi a caso vicino alla capanna di quell’Osmano, che si fingeva pastore, diede alla luce un bellissimo figlio, quale per memoria del tradimento paterno lasciò senza nome. Concesse la misera Argia pochi giorni di riposo alle membra travagliate dal parto, è chiamando a sé quel finto pastore, che nella sua capanna l’avea cortesemente raccolta, li lasciò buona somma d’oro e di gioie, e con lacrime che ottenevano pietà senza chiederla, lo pregò di far nutrire con ogni secretezza quell’infelice pargoletto, finché lei stessa tornassi con maggior comodo a ricuperarlo. Promise il buon vecchio ogni diligenza, e con affetto più che ordinario accomiatò la fuggitiva principessa. Mentre quella se n’andava in traccia del suo traditore, giunse alla corte di Cipro, dove fu ammessa sotto nome di Laurindo a i servigi della principessa Dorisbe. Questa in breve s’invaghì a tal segno del creduto paggio, che giurò volerlo per sposo, ed altro non procurava appresso il padre Atamante, se non di render Laurindo meritevole delle sue nozze. In tal stato era la corte di Cipro quando il principe Selino, quattr’anni dopo la sua fuga da Negroponte, cercando l’avventure, pervenne alla reggia di Salamina, ne vide appena le maestose bellezze di Dorisbe, che scordatosi totalmente d’Argia, tutto di quella s’invaghì. Nell’istesso tempo spinto dalla fama di Dorisbe, e portato dal desiderio di ritrovar la sorella Argia, comparve in Salamina Feraspe principe di Negroponte.
Qui comincia la favola.
Libretto – L’Argia
Prologo
Scena unica
Mare, e porto.
Teti, Amore.
TETI
Iº
Fremi irato Nettuno, e voi dall’onde
placidi zeffiretti omai fuggite;
quinci da Borea sollevati uscite
flutti superbi a flagellar le sponde.
IIº
Senza tema di morte il mio gran regno
solca Tifi novello ogni mortale,
ma ben tosto vedrà quanto sia frale
contro l’ira di Teti un lino, un legno.
AMORE
Frena l’orgoglio ai flutti,
lo sdegno alle procelle:
dal regno delle stelle
la mia gran genitrice a te m’invia.
TETI
Venere? E che desia?
AMORE
Abbattuta dall’onde,
ripercossa dai venti
solca le tue voragini profonde
nave, ch’a Cipro aspira.
Mira Teti, deh mira
qual periglio mortale
i naviganti assale?
TETI
Il veggio: ma che noce
di Venere all’intento
quest’ondoso elemento?
AMORE
All’impero di Cipro,
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