Paride e Elena

Dramma per musica.

Libretto di Ranieri De’ Calzabigi.
Musica di Christoph Willibald Gluck.

Prima esecuzione: 3 novembre 1770, Vienna, Hoftheater.

Personaggi:

ELENA regina di Sparta soprano
PARIDE figlio di Priamo soprano
AMORE sotto nome di Erasto, confidente di Elena soprano
PALLADE soprano
UN TROIANO soprano

Cori: di Troiani con Paride, di Spartani, e Spartane atleti, di Seguaci di Pallade.

La scena è prima nelle vicinanze di Sparta, poi in Sparta nel palazzo reale.
Argomento
Sulla nota favola di Paride, ed Elena variano molto gli antichi scrittori. Omero suppone, che Elena sposa di Menelao re di Sparta fosse rapita da Paride. Suppone Euripide, che Paride ingannato da Venere non conducesse in Troia che una fantasma somigliante ad Elena, e che la vera Elena fosse dalla stessa dèa trasportata in Egitto. Crede Erodoto che Paride navigando colla rapita Elena a Troia fosse da’ venti contrari trasportato in Egitto, ove Proteo allora re di Menfi, gli tolse questa principessa, e poi la restituì a Menelao. In tanta diversità di opinioni, mi sono io presa la libertà di supporre Elena regina di Sparta, e non moglie, ma promessa sposa a Menelao.

Libretto – Paride e Elena

Atto primo

Scena prima
Lido di mare terminato dalla veduta della vicina città di Sparta.
Navi in lontananza, e battelli alla riva.
Sul lido padiglioni troiani. Nel mezzo della scena, sotto un pergolato di rose, formato a guisa di tempietto, statua di Venere.
Paride, suoi Seguaci, e Marinari troiani coronati di fiori in atto di fare un sacrificio alla dèa.
Le offerte son presentate sull’ara: si fanno ardere i profumi; intanto, alternato dal ballo si canta il seguente coro:
Non sdegnare, o bella Venere
queste rose, e questi fior:
e al tuo giudice, al tuo Paride
non negare il tuo favor.

UNA VOCE
Come consuma l’avida fiamma
ch’arde sul tripode l’arabo odor;
così per Elena tutto s’infiamma
si sente struggere il suo bel cor.

CORO
Non negargli, o bella Venere
il tuo nume, il tuo favor.

UNA VOCE
Su queste sponde sfavilli un tremulo
soave raggio del tuo splendor:
nude vi scherzino teco le grazie,
e le sue fiaccole v’accenda Amor.

CORO
Non negargli, o bella Venere
il tuo nume, il tuo favor.

PARIDE
Oh del mio dolce ardor bramato oggetto!
L’aure che tu respiri, alfin respiro.
Ovunque il guardo io giro
le tue vaghe sembianze
Amore a me dipinge:
il mio pensier si finge
le più liete speranze;
e nel desio che così m’empie il petto
cerco te, chiamo te, spero, e sospiro.
Oh del mio dolce ardor bramato oggetto!
L’aure che tu respiri alfin respiro.

UNA VOCE
Dall’aurea sua stella
colombe amorose
di Venere bella,
co’ freni di rose
il volo spiegate:
e lei che al piacere
infiamma i viventi,
battendo su’ venti
le penne leggere
qui lieta guidate.

PARIDE
Spiagge amate, ove talora
l’idol mio lieto s’aggira:
ruscelletti ove si mira
quando infiora o il crine, o il sen;
chiare fonti ove si bagna,
erbe in cui posa le piante;
voi pietose a un cuore amante,
dite voi, che fa il mio ben.

UN TROIANO
Principe a te se n’ viene
di Sparta un messaggier.

PARIDE
Compagni, amici
ad incontrarlo andate,
conducetelo a me.
Parte il ballo: rimangono pochi troiani in disparte.

PARIDE
Con lui si taccia
il grande acquisto ove ho la mente intesa,
ma si cominci a preparar l’impresa.

Scena seconda
Amore in abito spartano, sotto nome d’Erasto, con Séguito spartano, che rimane in disparte, e detto.

AMORE
Stranier, la mia regina
a te m’invia: richiede
chi sei, donde venisti; e qual ti guidi
o fortuna, o consiglio a questi lidi.

PARIDE
Al venerato impero
ubbidirò. Paride io son: non cerco
tesori, o regno; al Simoenta in riva
ha scettro il genitor. Giove mi scelse
giudice alla gran lite
del primo vanto di beltà che tutto
sconvolse il ciel; che non trovò fra’ numi
nella gara divisi, arbitro alcuno:
conteser Citerea, Pallade e Giuno.
Vidi, stupii, pensai, decisi: ottenne
il superbo trionfo
d’Amor la madre. Intanto
garrula fama a noi recò, che ingiusto
era il decreto, e un tanto onor dovuto
a spartana beltà. M’accese allora
nobil desio che qui a veder mi trasse
se le vinte rivali
la vostra Elena oscuri; e se di quella
che per me trionfò sia pur più bella.

AMORE
Dunque pace ci rechi: al mirto aspiri,
non vuoi mietere allori. E se l’impresa

"Dimmi il mio nome prima dell'alba, e all'alba vincerò"
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