La sacra rappresentazione d’Abram e d’Isaac
Musica di scena in un atto con un prologo e tre quadri
Musica di Ildebrando Pizzetti
Libretto di Onorato Castellino
Fonti letterarie: La sacra rappresentazione d’Abram e d’Isaac di Feo Belcari
Prima rappresentazione: 2 ottobre 1937, Teatro Morlacchi di Perugia
Personaggi
L’angelo che annunzia la festa e licenzia il popolo (soprano)
L’angelo che prima comanda il sacrificio e che quindi compare sul monte (soprano)
Abramo (baritono)
Sara (mezzosoprano)
Isacco (soprano)
Un servo della casa di Abramo
Un altro servo
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Libretto – La sacra rappresentazione d’Abram e d’Isaac
Il testo, consultate le più antiche stampe detta Biblioteca Palatina di Firenze, fu esemplato sulle edizioni ugualmente autorevoli del Galletti e del D’Ancona. Nella grafia e nella punteggiatura si preferì accostarsi all’uso moderno, conservando le forme arcaiche quando la metrica e la rima lo imponevano; le poche che affiorano qua e là sono semplici e note, e giovano a conservare la patina del tempo senza disturbare gli uditori.
Alle didascalie dell’originate, che furono conservate quasi integralmente, vennero aggiunte quelle che si coordinano al commento musicale, suggerito esso stesso dalla interpretazione delle varie fasi del dramma.
Del testo furono omesse pochissime ottave, nelle quali l’autore popolaresco ripete e ragiona per il suo uditorio primitivo di fedeli. Non in queste parti si respira l’atmosfera di religiosità semplice e adorna e si gusta l’ingenuo sapore di cui è pervasa l’opera dello scrittore quattrocentesco.
Per non frammentare la cantata dell’angiolo sul monte, la seconda ripresa è stata collegati con la prima; per accompagnare il commento musicale, che intercala nella descrizione del triduo viaggio il ricordo di Sarra, si è immaginata una prima comparsa di questo personaglio, che annunzi, quasi, e prepari la scena della sua disperazione: per coordinare l’azione agli scomparti scenici quali vennero ideali per la più vivace interpretazione del dramma, il primo appello d’Isacco al padre è stato trasposto.
È quasi certo che, nella prima rappresentazione dell'”Abram e Isaac”, fatta in Firenze, nella Chiesa di S. M. Maddalena, in luogo detto Cestelli, l’anno 1449, la scena si componeva di tante parti fisse, dette “luoghi deputati”. Tale semplicità non essendo oggi conforme al gusto del pubblico, anzi nocendo all’impressione del complesso, si sono adottati i cambiamenti di scena, a cui sono avvezzi gli spettatori contemporanei. Ne apparvero necessari due: quindi l’opera è risultata divisa in tre parti; e nella prima, per il viaggio al monte del sacrificio, si è cercato inoltre l’ausilio dell’avanscena.
Onorato Castellino
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L’ANNUNZIO DELLA FESTA
Libretto e musica di Ildebrando Pizzetti
L’ANGELO ANNUNCIATORE
Nel Genesi la santa Bibbia narra
Come Dio volse provar l’ubidienza
Del Patriarca Abram sposo di Sarra
E per un angiol gli parlò in presenza:
E sì gli disse: togli il tuo figliuolo
Unigenito Isac, il qual tu ami,
E di lui fammi sacrificio solo:
E mostrerotti il monte, perché brami
Saper il loco; e non menare stuolo:
Và, ch’io tel mostrerò senza mi chiami:
Cammina per la terra aspra e diserta,
E fammi sol del tuo flgliuol offerta.
Isaac disse allora: o padre mio,
Dov’è, la bestia che debb’esser morta?
Abram rispose: il nostro grande Iddio
Provederà ch’ella ci sarà porta:
Fa’ pur aver in lui tutto il disio,
E questo peso volentier sopporta.
Qualunque serve a lui con puro core
Sostiene ogni fatica per suo amore.
Questo parlar d’Isac era un coltello,
Che ‘l cor del santo Abram feriva forte,
Pensando ch’al figliol suo dolce e bello
Con le sue propie man dovea dar morte:
Ma del servire a Dio avendo sete
Volse ubidir, siccome voi udirete.
L’Angelo si parte.
PARTE PRIMA
Le case di Abram, sparse sullo spiazzo erboso, raccolte attorno alla corte, e chiuse di lontano da una bassa siepe.
A destra, l’abitazione del Patriarca e degli uomini. L’entrata ha, in luogo della porta, una tenda: nella parete verso la corte è una finestrella molto visibile.
A sinistra, s’intravvede la dimora di Sarra e delle ancelle: da lato, il pozzo.
In fondo, il monte.
All’aprirsi del velario è ancor notte. A poco a poco albeggia. Il chiarore dell’alba è però vinto da un vivo raggio che, scendendo dai cielo, va per la finestrella a scoprire in piena luce Abram che dorme, rivelando, accosto a lui, Isacco e i famigli.
Dentro quel raggio, scende l’Angiolo il quale chiama Abram.
L’ALTRO ANGELO
Abram, Abram, odi il divin precetto:
Con tutto il cor sincero Isaac prendi
Unigenito tuo figliol diletto,
Il qual tu ami, e sopra il monte ascendi,
Che tu vedrai dinanzi al tuo cospetto:
E di lui fammi sacrificio, e intendi
Ben quel ch’io dico, e va per via selvaggia,
E fa che ‘l mio parlar invan non caggia
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