Tigrane

Dramma per musica

Libretto di Domenico Lalli
Musica di Alessandro Scarlatti

Prima esecuzione: 16 febbraio 1715, Napoli, Teatro San Bartolomeo.

Personaggi:

TOMIRI regina de’ Messageti, amante occulta di Tigrane, che poi si scopre madre di esso soprano
TIGRANE principe d’Armenia, generale dell’armi di Tomiri, che poi si scuopre per figlio della stessa Tomiri soprano
MEROE figlia del morto Ciro, re di Persia, sott’abito d’egizia indovina, amante di Tigrane, ed inimica di Tomiri soprano
POLICARE re di Lidia, confederato di Tomiri contralto
DORASPE re di Damasco, confederato anche di Tomiri tenore
ORONTE capitan delle guardie di Tomiri, amico di Tigrane soprano
DORILLA damigella di Tomiri contralto
ORCONE servo, e confidente di Meroe basso

Il loco è la reggia de’ Messageti, detta Diamuch.

Libretto – Tigrane

Eccellentissimo signore
All’ombra de’ trionfali allori (invittissimo principe), che, in tante gloriose azioni, han coronato l’eroiche imprese dell’e. v. porto a ricovrarsi, in questo dramma, quella famosa reina de’ Messageti, che, nel maneggio dell’armi, e ne’ militari cimenti, superò, di gran lunga, del proprio sesso la debolezza; amante ancora, signore eccellentissimo, (essendo anche lecito amore fra armi), non isdegnerete di accoglierla sotto la vostra benigna, ed autorevole protezione, e tanto più, perché ha moto in essa da materno impulso l’affetto verso Tigrane, che scovrendosi suo figlio, sarà l’eroe che dà il titolo al presente dramma.
Vi supplico insieme ad accoglier altresì benignamente l’umiltà de’ miei ossequiosi rispetti, co’ quali a’ vostri piedi divotamente lo consegno, per farmi meritare il vanto di manifestarmi per sempre.

Di v. e.
umiliss. devotiss. ed ossequiosiss. serv.
Nicolò Serino

Argomento
Tomiri, regina de’ Messageti, donna bellicosa, ed usata all’esercizio dell’armi, essendo rimasta vedova con due piccioli bambini, in breve tempo, ancor di questi rimase priva; poiché il primo, chiamato Archinto, le fu da un corsaro rapito, e venduto al principe d’Armenia, il quale, veduto avendo nel fanciullo uno spirito generoso, e regale, presegli amore, e lo sostituì in luogo di Tigrane, unico suo figlio, già morto, volendo, che ancor questo, Tigrane chiamato fosse; e per fine morendo, erede del suo principato lasciollo. Il secondo, chiamato Seleuco, in progresso di tempo, da Ciro, re di Persia, in una battaglia, fu trucidato; per la qual cosa volendo Tomiri, almeno della seconda perdita vendicarsi, giacché non poté della prima, propose di portar le sue armi contro il re perso, per placare col suo sangue l’ombra del morto figlio; e perché far potesse più formidabile il suo esercito, chiamò in suo soccorso Policare re di Lidia, e Doraspe re di Damasco, offerendo per premio le sue nozze, a chi di loro più saprebbe procurarle la sospirata vendetta. Venuti questi con tale speranza, ed egualmente servitala con la loro assistenza, portonne Tomiri il gran trionfo, celebrato col capo dell’infelice Ciro, il quale con la propria sua destra, fortunatamente troncato aveva; per la qual cosa restò ella in obbligo di palesare ad uno de’ due regi, a chi di loro dovesse il suo promesso imeneo; ma perché si desse a tal dichiarazione qualche intervallo, determinò, che fra lo spazio d’un anno quello sarebbe, ed in quel giorno appunto, che sarebbesi celebrata l’annual memoria del suo trionfo; onde i due regi, per meritarsi in questo tempo, più l’amor di Tomiri, di non muovere il piede dalla sua reggia, stabilmente risolvettero. Frattanto accadde, che il principe Tigrane (figlio di Tomiri, come s’è detto) trovandosi nella corte di Ciro, prima della sua morte, s’innamorò fortemente di Meroe, unica figlia di quello, dalla quale essendo egualmente amato, eransi promessi occultamente per sposi; ma tali cose essendo pervenute alla notizia di Ciro, volendo questi vendicarsi con Tigrane, fu sforzato egli fuggirsene nel suo regno, con estremo dolore di Meroe, la quale al primo, aggiungendo poscia il secondo della morte del padre, propose risolutamente, o per forza, o per inganno, contro Tomiri fulminar la vendetta; ed acciò quella potesse vivere senza timore di questa, sparse Meroe artificiosamente il grido della sua morte. Questo falso avviso della morte di Meroe fu compianto dal suo promesso sposo Tigrane, e con calde lagrime, credendolo più, che vero, e dando questi in una estrema malinconia, volle tentare con qualche pellegrinaggio di disviarla. Primo oggetto dunque del suo pensiero, fu quello di vedere la reggia di Tomiri, per esser questa decantata per così valorosa guerriera, per la morte data al perso regnante; onde essendo in quella pervenuto, appena vedutolo Tomiri, che per occulta forza del materno suo sangue, da lei non conosciuta, fu sforzata ad amarlo, ed attribuendo questo istinto d’amore, ad un lascivo pensiero, incominciò (odiando i due regi) a desiderarlo suo sposo; ma ciò non potendo far palese, per molti forzosi rispetti, acciò trattener lo potesse nella sua corte, con qualche apparente motivo, lo astrinse ad accettare il supremo comando delle sue schiere, come duce di quelle. A tale inaspettato dono, sentendosi da gratitudine mosso Tigrane (ma più da un’incognita forza di filiale rispetto da lui non conosciuto) accettandolo, propose con incorrotta fede e servitù compensarlo. Ciò adunque risapendo Meroe, che il suo amante presso la sua inimica, in così ragguardevole posto dimorava, come ancora, che per l’amore, che Tomiri gli portava nascostamente, l’elezione dello sposo si tratteneva, propose, così per gelosia, come per vendetta, sotto mentito abito di vagante egizia indovina, nella detta reggia venire, acciò scoprendosi al caro amante, lo rendesse fedele al suo amore, e col suo soccorso adempisse la desiata vendetta. Tanto concluso, nella regia de’ Messageti pervenne, in quel giorno appunto, che compito era l’anno della morte di Ciro, onde si celebravano le festive memorie del trionfo di Tomiri, ed ancora dovevasi da essa eleggere lo sposo tra li due regi; ma per l’occulto, che a Tigrane portava, con atti, e lusinghe, l’esecuzione dilatando n’andava.
Comincia il dramma dalla prima azione, che fa Tomiri in questo giorno, la quale si è di fare un sacrificio al dio Marte, offerendogli il reciso capo di Ciro; e che Meroe travestita da egizia nel medesimo luoco perviene.
Sei pregato a compatire, con discreta moderazione, que’ difetti, che forse potrai conoscere nella musica, in considerando, ch’or mai dovrebbe essere affatto stanco l’autore di più sudare in simili sceniche composizioni, delle quali col presente dramma, viene a compire il numero di cento e sei opere teatrali, che ha poste in musica per lo teatro di Napoli, ed altri teatri dell’Italia.
E sei avvertito ancora, che le parole, che ti sembreranno dissonanti alla nostra santa religione, come sono: dèi, fato, adorare, e simili, essendo solite vaghezze, che adornano sì fatti componimenti, devi per tanto considerarle per semplice scherzo della musa, non già per sentimento d’un cuor cattolico, come lo vanta chi ha scritto, e vivi felice.

Atto primo

Scena prima
Atrio, con sontuoso tempio, co ‘l simulacro di Marte, adorno di trofei, con Soldati intorno di esso; vi si vedrà un altare con fascine, e sovra di esse un cavallo svenato, su del quale sarà confitto un acinace, o sia coltello, all’uso scito, a modo di sciabola; e vicino allo stesso tempio vi sarà una base, su la quale si dovrà riporre un bacino dorato, colla testa di Ciro, con una iscrizione alla stessa base.
Tomiri, sovra carro trionfale, tirato da Schiavi; assistita da Tigrane, Policare, Doraspe, Oronte, e Dorilla.
Precederà detto carro un coro di Sciti, che faranno festivi balli; ed intorno ad esso carro si vedrà un coro di Custodi del tempio, uno de’ quali porterà un bacino dorato, colla testa di Ciro, la quale verrà riposta sopra la suddetta base.

TOMIRI
Si rinnovi in sì bel giorno,
mia vittoria alta, e giuliva.

"Dimmi il mio nome prima dell'alba, e all'alba vincerò"
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